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l'importanza di essere FELICE

C'è davvero bisogno che ve lo dica?

"Romeo e Giulietta... davvero una tragedia?"

Pubblicato su 26 Ottobre 2012 da Felice M. Campolo

Di recente ho assistito alla messa in scena della più romantica delle tragedie, Romeo e Giulietta: la triste vicenda dei giovanissimi amanti di Verona, la cui unica colpa è stata quella d'innamorarsi l'uno dell'altra, nonostante le gravi ostilità che traevano origine dai loro cognomi nemici. Due famiglie e un unico credo: l'odio.

È fatto assai risaputo che dall'intreccio spinoso dei rovi possa nascere un bocciolo di rosa e il celebre drammaturgo di Stratford on Avon aveva compreso bene come questa realtà appartenesse alle società di ogni epoca più della fedeltà ad un regime, più della stessa obbedienza ai vincoli del proprio casato, ecco perché l'ha voluta celebrare nel più ispirato dramma amoroso di tutti i tempi, raddoppiandone la dose.

Il perché dell'inimicizia tra le due famiglie è ignoto al pubblico. Il genio del teatro elisabettiano, per un motivo o un altro, ha preferito omettere quei dettagli che in epoca moderna potevano risultare irrilevanti, al contrario di quell'attuale che su questi ha creato addirittura format televisivi di enorme successo. Che la contessa Capuleti avesse coltivato certe frequentazioni sotto le lenzuola con qualche cugino di Romeo o che Madama Montecchi, non potendo contare sulla presenza fisica del suo consorte, abbia iniziato a chiedere la protezione del conte Capuleti… son solo congetture azzardate. Certamente mi vien difficile credere che l'odio reciproco sia nato dallo screzio più o meno innocente di cattivo vicinato, come negare un pizzico di sale o rumori di trasloco che hanno causato certe antipatie condominiali.

Ad ogni modo, al contrario di Mercuzio, non auguro peste e maledizione ai Capuleti e ai Montecchi, bensì ulteriore fasto e benedizione, in quanto, qualsiasi sia l'era di scenario temporale, individui innocenti, fragili e iperemotivi come Giulietta e Romeo, mantengono la loro purezza romantica solo con la morte che, sebbene sia tragica e feroce, li congiunge per l'eternità col suo afflato incantato e ha l'approvazione dell'opinione pubblica che si commuove innanzi a cotante pene d'amore.

Dopotutto, quella dei giovani innamorati di Verona è stata una vera e propria fortuna: avere due famiglie di alto lignaggio alle spalle, che combattevano tra ingiurie e omicidi, ha offerto loro l'opportunità di essere agnelli sacrificali e martiri non solo di due nuclei familiari acerrimi nemici dei loro sentimenti, ma di un'intera società ignorante delle leggi del cuore.

Qualora i due fidanzatini avessero fatto la tradizionale "fuitina", pur di non demolire la dignità del proprio blasone al cospetto del Signor Principe e dell'intera comunità veronese, i due clan rivali avrebbero assecondato un matrimonio riparatore. Ma diciamoci la verità: non sarebbe divenuto un fatto ancor più tragico se dissapori continui tra suoceri e consuoceri avessero appesantito la liason d'amore fino a farla naufragare, tramite avvocati matrimonialisti, in divorzio e assegni mensili degli alimenti?

Ecco perché è più brillante un finale definitivo con un duplice lutto sanguinolento piuttosto che la rassegnazione, più o meno provvisoria, al consueto "trattamento di fine rapporto coniugale".

Innanzi a Giulietta e a Romeo Shakespeare ha delineato soltanto due strade da scegliere: la morte corporale e la morte sociale. Il drammaturgo inglese capiva meglio di chiunque altro ciò che avrebbe scosso le coscienze con un'eco infinita… e senza l'ausilio di un editor o di un esperto di marketing ha dato vita ad un capolavoro che elogiasse la morte quale unico lieto fine.

L'ultimo respiro dei due amanti corrisponde al loro "… e vissero felici e contenti."

Tutto bene se non fosse che gli artefici del successo shakespeariano (Montecchi e Capuleti) fossero costretti a bruciare all'inferno per aver avuto la fama di mega-stronzi per i secoli a venire. Non credo sia giusto che coloro che hanno gettato la spugna ancor prima di aver raggiunto la maggiore età debbano vivere negli allori della compassione mondiale e coloro i quali gliel'hanno fatta ottenere debbano essere banditi in eterno dalla pubblica misericordia. Sbaglio quando affermo che l'educazione cristiana condanna il suicidio? Se la mia premessa è esatta non erro se continuo dicendo che Giulietta e Romeo patiscono la dannazione perpetua prevista dalle Sacre Scritture!

Ebbene quante verità ci siano dentro il mito d'amore più celebre, ciò che unisce Giulietta e Romeo, in realtà, è l'esasperazione di "quell'incantesimo felice" che rimbambisce chiunque da esso stesso si lasci travolgere. Un sentimento, il loro, troppo guarnito da versi ed endecasillabi sciolti per aver concretezza e quieto vivere in terra, dove l'amore è un fuoco alimentato dalle fiamme della passione e dai sonori cigolii dei letti prima di mutarsi in stima e rispetto. Romeo e Giulietta avrebbero vissuto veramente un'esistenza tragica, se fosse stato concesso loro di vivere in una società che non li avrebbe compresi, ma sicuramente derisi.

Ergo, la loro può essere tranquillamente reputata una commedia di cronaca nera o più deliziosamente una tragedia a lieto fine.

"Romeo e Giulietta... davvero una tragedia?"
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G
shakespeare è sempre shakespeare solo lui descrisse al meglio gli animi umani!!!
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G
...e cosa avrei dovuto fare io, moderna Giulietta osteggiata dalla sua famiglia? Sperando che la mia liason amorosa non naufraghi, ho preferito vivere...tragicamente... :)
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